La gente è stanca anche di essere stanca

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Da una parte, un Renzi ormai prigioniero del suo garrulo personaggio, pronto a esultare per aver "strappato alla dx" una regione come l'Emilia-Romagna, mai governata dalla destra in tutta la sua storia, al punto che ti immagini da un momento all'altro parta la musichetta dello spot: Ti piace vincere facile? Dall'altra, i grandi teorici dell'astensionismo, questo fiume in piena che presto sconvolgerà il sistema. Non stavolta, la prossima volta. È sempre la prossima.

Hanno ovviamente tutti torto, e la ragione non sta nemmeno in mezzo. Renzi non è l'asso pigliatutto che sperava di essere: non l'uomo di una provvidenza che non è che si stia dando tutto questo daffare per noi. Non siamo in uno di quei momenti storici in cui il popolo intravede in un individuo il concretarsi del destino collettivo. Piuttosto in uno di quei secoli bui in cui il potere è un po' di chi se lo piglia, di chi passava nel palazzo in quel momento in cui i pretoriani fanno fuori il Cesare pazzo e nessun altro accetta di farsi acclamare. Se vince è perché intorno non c'è nessuno veramente intenzionato a contendergli il potere: quelle forze che per esempio nel '94 stopparono bruscamente l'avanzata dei Progressisti di Occhetto mobilitando quotidiani, televisioni e confindustria, trent'anni più tardi non sanno veramente che fare, dove piazzare quei due spicci che gli sono rimasti. Di Renzi non è che si fidino un granché, ma all'orizzonte non vedono nient'altro - e del resto, se avessero gli occhi buoni, le squadre di calcio che ancora si comprano non traboccherebbero di brocchi. Se l'unico progetto alternativo diventa quello folkloristico che l'onorevole Borghezio coltiva da una vita - l'alleanza tra leghisti al nord e postfascisti al centrosud col pretesto del no euro - è abbastanza chiaro che la partita è chiusa, bom xibom xi bombombom. E tuttavia seicentomila voti in Emilia-Romagna sono assolutamente scalabili, come erano scalabili gli undici milioni delle europee di maggio. Il fatto che oggi non ci sia un solo centro di potere interessato a coalizzare un po' di consenso contro Renzi e risvegliare milioni di elettori di centrodestra in sonno, non significa che andrà sempre così.

Quanto all'astensionismo: se davvero credete che abbia un significato e che significhi protesta, Renzi ve lo meritate per altri mille anni. In Emilia-Romagna un Pd colluso e appesantito da scandali, in seguito alle dimissioni di un presidente condannato in appello, ha proposto ai suoi elettori un candidato non eccezionalmente brillante, che malgrado lavori in quel partito da una vita è apparso anche stavolta scarsamente a suo agio, come catapultato all'ultimo momento e contro la sua volontà. Se avessero voluto davvero bocciarlo, gli emiliani avrebbero potuto fare molte cose. Andare alle urne e votare il candidato della Lega, o quello del M5S o della sinistra di area Tsipras, o di una lista civica, o persino dell'NCD. Se la maggioranza degli emiliani non ha fatto nessuna di queste cose; se la maggioranza degli emiliani ha preferito stare a casa, forse alla fine non sono così delusi e arrabbiati come voi credete che siano.

Voi magari siete delusi e arrabbiati; la gente che conoscete sui social network vi potrà sembrare delusa e arrabbiata; i talk show che preferite guardare in tv vi rimbalzeranno immagini di gente delusa e arrabbiata; forse vi basterebbe dare un'occhiata ai dati di ascolto per scoprire che nel frattempo c'è un sacco di gente che si guarda la fiction, o il reality, e i video di gatti su facebook (che per inciso sono sempre più belli, e molto più intelligenti di qualsiasi editoriale del Fatto Quotidiano). Un'enorme massa critica di gente che magari se glielo chiedi ("Sei arrabbiato?") ti risponderà di sì, per non ferirti. Ma arrabbiato al punto di alzare il sedere, cercare il tesserino e andare a votare un qualsiasi avversario del Pd, evidentemente, no.

Il Pd peraltro sarà anche quel partito di inquisiti che dite; ma se invece di approfondire la pluridecennale collusione con le cooperative dei costruttori e della grande distribuzione continuate a insistere con scemenze come il rimborso di un vibratore; se davvero credete che l'elettore medio emiliano-romagnolo si scandalizzi per un vibratore - beh, siete molto meno "gente" di quel che credete di essere. Non è che abbiate torto, quando ripetete che la gente non ne può più, che la gente è stanca. È che dovete accettare di essere parte dello stesso quadro, e che la gente a questo punto è stanca anche di voi. Cambia canale e non vi vota. Bon Xibom Xibombom.
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Tra il Renzi e il fare

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C'è che in agosto la voglia di leggere più in là del titolo è persino inferiore al solito, e così uno al mattino legge "Renzi: prendere voti delusi Pdl" e nemmeno ci clicca sopra. Se ne va in spiaggia e poi, non avendo niente di meglio da pensare, ci riflette: ma che vuol dire?

Apparentemente è chiarissimo: Renzi da qualche parte deve aver detto che vorrebbe prendere voti anche dai delusi del Pdl. Non è una novità, anzi ormai è una rassicurante tradizione: il Papa dice di pensare ai poveri, Berlusconi dice che è onesto, Renzi dice che vuole prendere voti anche ai delusi del Pdl. Sono ritornelli talmente familiari che ormai non ci riflettiamo più. A stento ci ricordiamo che il quadro da qualche mese è cambiato, che il PdL non è più il partito di più di un terzo degli elettori (il 38% nel 2008), ma al massimo di un quinto (il 22% nel 2013). Nel frattempo l'astensione è molto cresciuta, per cui il dato non in percentuale è ancora più impressionante: da dodici milioni di voti a sette, quasi un dimezzamento.

I "delusi del PdL", insomma, se ne sono già andati, e quasi tutti non hanno scelto il PD: M5S e astensione si sono contesi le fette più grosse. Sì, se Renzi avesse vinto le primarie forse sarebbe andato in un modo diverso; non possiamo saperlo, ma soprattutto, Renzi non ha vinto le primarie. Quasi sicuramente vincerà le prossime; ma il rischio a questo punto è quello tipico dei condottieri di eserciti votati alla sconfitta (e il PD ha l'aria di un esercito del genere, non dite di no): prepararsi sempre alla battaglia precedente. Il PdL era la spugna da spremere sei mesi fa, a questo punto è già strizzata al massimo e non può che decomprimersi: per quante possa averne fatte Berlusconi, è difficile immaginarlo sotto una soglia del 15%. E soprattutto, che bisogno c'è di andare a prendere voti fin lì, con tutti i bacini di voti più vicini e comodi da attingere? C'è l'astensione, sia al centro che a sinistra. C'è Grillo che certi elettori sembra voler fare di tutto per perderli... (continua sull'Unita.it, H1t#193)

Ci sono insomma tante opzioni più praticabili che sbilanciarsi a destra – non al centro – ormai chi era al centro se n’è andato da un pezzo: il quinto degli elettori che ha scelto Berlusconi quest’anno è serenamente a destra. Cosa dovrebbe fare Renzi per conquistarli? Qualche battuta sulla Kyenge, pure lui?  Basterà levare l’IMU? Servirà promettere qualche sgravio fiscale, magari ai danni di altre categorie che invece sono deluse dal Pd? O basterà fare qualche sorriso sotto i riflettori? magari è gente che stava con Berlusconi perché sorrideva molto; ultimamente lo fa di meno e quindi sono delusi.
Senz’altro è gente che ha votato Berlusconi fino al marzo 2013: nonostante il fallimento del suo governo, nonostante gli scandali emersi, tra i quali il caso Ruby è il più pittoresco, certo non il più grave. Ma insomma a gente che ha votato un Berlusconi evasore e protettore delle olgettine, Renzi cosa può offrire?
A un certo punto sorge il sospetto che il suo piano per conquistare i delusi del PdL consista esattamente in questo: affermare davanti ai microfoni che li vuole conquistare. Può sembrare un approccio superficiale, ma in fondo in amore e in comunicazione politica le parole sono performative, diventano azioni: non ti amo finché non ho il coraggio di dirti “ti amo”, e non ti conquisto finché davanti ai giornalisti non ammetto che ti voglio conquistare. Va bene.
Ma poi i giornali li leggo anch’io, e il titolo Renzi: prendere voti delusi Pdl dà probabilmente più fastidio a me di quanto piacere non possa dare a un elettore PdL pur sensibile al corteggiamento renziano. È il solito problema, l’antico motivo per cui tanti come me non lo votarono alle primarie: a furia di cercare voti negli altri panieri, uno rischia di perdere i propri. Lo stesso Renzi del resto ne è consapevole, e in questi giorni addirittura è stato rimproverato sul Corriere perché adesso è troppo a sinistra. Mah. Verso sera mi decido a leggere sotto il titolo e scopro che Renzi praticamente ha detto di voler prendere voti da tutti: astensione, grillini, delusi del Pdl. Non è colpa sua se soltanto questi ultimi sono finiti nel titolo. Un’evidente caso di malizia del titolista, insomma. Cosa intendeva fare quest’ultimo? Conquistare un lettore deluso dal Pdl o infastidire un elettore del Pd come me? La seconda, temo.
Un appello a Renzi: va bene, ho capito, vuoi prendere voti un po’ da tutte le parti. È il vecchio mito di Tony Blair (che in realtà vinse anche grazie a un record di astensione). Vuoi vincere conquistando tanti delusi, compresi, perché no? Quelli del PdL. A questo punto, però, forse non vale più la pena di dirlo: fallo e basta. Grazie. http://leonardo.blogspot.com
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Astensione in the UK

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Affluenza in the USA (magari se clicchi si ingrandisce, chissà)
Sono un po' stanco così adesso vado a letto e comunque domattina ne saprò esattamente quanto voi. Vorrei solo far presente una cosa, che alcuni troveranno persino banale e altri magari no: in queste ore i tifosi di Obama stanno salutando come una buona notizia il fatto che l'affluenza alle urne sia alta. E quando dicono alta, dicono comunque un numero intorno al 60%. Le ultime elezioni politiche in Italia (2008), che già fecero gridare al record di astensione, registrarono un'affluenza dell'80%. Può darsi che l'anno prossimo voti ancora meno gente, ma per ora le nostre elezioni più snobbate hanno percentuali di affluenza comunque più alte di tutte le elezioni USA del Novecento. Molti che si stracciano ad arte le vesti per la crescita dell'astensionismo e l'insofferenza per la politica, sono gli stessi che stanotte intoneranno inni alla festa della democrazia che si celebra in un Paese dove quattro persone su dieci aventi diritto non votano. Nel '96 addirittura votò meno del 50%, e Clinton fu rieletto presidente lo stesso. È la democrazia: chi non vota non conta. Non è detto che debba piacervi, ma per sovvertirla servono comunque strumenti meno impalpabili di schede e certificati elettorali in bianco.

L'abitudine a caricare il non-voto di un significato politico, di attribuirgli una componente di protesta, o addirittura potenzialità eversive, per cui se tanta gente non votasse si aprirebbero senz'altro i sigilli di qualche apocalisse o palingenesi rivoluzionaria, è una delle tante scemenze che inquinano il dibattito politico italiano. Altrove l'astensione è così poco considerata che nemmeno ne parlano: per fare un esempio un po' cialtrone (scusate, sono un po' stanco), giusto stasera cercavo il dato sull'affluenza alle elezioni britanniche del '97 e sulla pagina wiki inglese non c'era. Non è una distrazione, la pagina è ben fatta. Secondo me è proprio che a un lettore britannico dell'astensione non frega più di tanto: è una curiosità, non ha nessun significato politico.

Quel famoso dato sulle britanniche del '97 mi interessava perché in questa settimana è scattato (in modo molto goffo all'inizio, ma pazienza) un dibattito su Tony Blair, sul senso che possa avere evocare Tony Blair quindici anni dopo in un contesto così diverso come l'Italia. È chiaro che per Renzi rifarsi a Blair implica tutta una serie di cose, alcune sensate altre meno; tra queste l'idea  di conquistare gli elettori allo schieramento avverso, con una campagna fresca a base di messaggi propositivi e facce giovani ecc. ecc.; cosa che tutti gli riconoscono. Il problema è che, appunto, nessuno si ricorda più dell'astensionismo. Che in quell'occasione fu piuttosto alto. Insomma, Blair seppe convincere tanti indecisi, ma anche no.

Se uno poi va a vedere al numero crudo dei voti, scopre (se ho capito bene; ma sono un po' stanco) che il New Labour rispetto a quello Old di cinque anni prima ne guadagnò, sì, ma due milioni. Mica tanti. Quel che veramente fece la differenza è che i Tories ne persero cinque, di milioni. I liberaldemocratici persero poco meno di un milione... basta, il resto sono più o meno bruscolini. Quindi dove andarono tutti i voti persi? Astensione. Ora, non voglio dire che Blair non convinse tanti ex elettori di Thatcher col suo entusiasmo e la sua faccia fresca e la sua idea molto precisina su cosa fosse il Bene e su come fosse esecrabile (e bombardabile) il Male; quello fu senz'altro un fattore. Un altro fattore fu che molti ex elettori di Thatcher erano disgustati dal suo successore Major e non andarono semplicemente a votare. Secondo me vale la pena di ricordarlo. Buona notte e forza Obama.
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Il paradosso delle braghe (del PD)

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Ieri Alessandro Gilioli, giornalista che stimo e che negli ultimi anni è diventato il punto di riferimento di un'area di sinistra comprensibilmente scontenta di come stanno andando le cose, ha sciolto la riserva e ha spiegato che non voterà per l'alleanza Pd-Sel (a dire il vero bisognerebbe dire Pd-Sel-Psi, ma mi rifiuto di considerare il Psi come qualcosa che esista).

Di motivi per non votare Pd-Sel, chiunque vinca le primarie, ce ne sono comunque tanti e non sto a contarli; mi interessa quello presentato da Gilioli, perché la sua rinuncia mi sembra la riedizione di un paradosso noto ma sempre affascinante: Gilioli ha letto la carta d'intenti e ha scoperto che c'è già, nero su bianco, un "accordo di legislatura con le forze del centro liberale", insomma Casini. Lui però Casini non lo vuole votare (come dargli torto) e quindi non vota nemmeno Pd-Sel. Come dargli torto.

Non glielo do. Anch'io preferirei, come lui, una coalizione (meglio ancora un partito) a vocazione maggioritaria, che vinca le elezioni e non cerchi i voti di nessun centrista infido. Purtroppo per ora i numeri non ci sono. Magari si sbagliano tutti i sondaggi, però Pd-Sel non ci arriva al cinquanta per cento, neanche ora che la campagna per le primarie sta entrando nel vivo. Sì, lo so, bisognava essere più coraggiosi, trovare sintesi inedite, conquistare i giovani ecc. ecc... però per ora le cose stanno così, al 50 non si arriva. A quel punto un accordo coi centristi rimane l'unica possibilità per non finire di nuovo all'opposizione e regalare altri cinque anni a una destra che veramente non se li merita, e chissà cosa ci combinerebbe. Questo i rappresentanti del Pd lo dicono da mesi, e lo scrivono nella Carta d'intenti affinché sia chiaro e sottoscritto da tutti gli alleati.

Quelli che invece non sono scritti, non sono decisi, sono i termini di un effettivo accordo con Casini e compagnia: non c'è scritto da nessuna parte che cercare un accordo con loro significhi calare le braghe. Il potere contrattuale che avranno il Pd e Sel dipende esattamente dal numero di seggi che avranno conquistato alle elezioni: se ne avranno pochi, dovranno concedere molto (e forse Casini comunque non accetterà, magari a destra trova di meglio); se ne avranno molti, dovranno concedere meno; se putacaso dovessero arrivare alla maggioranza - insciallah! ma una maggioranza vera, non quella disperata del Prodi 2006-07 - di un accordo coi centristi non ci sarebbe più bisogno. Banalmente: più voti prendiamo, meno la braga caliamo. Gilioli però non ci vuole votare, perché nella carta d'intenti abbiamo previsto l'eventualità di calarla, di quanto non si sa, però di calarla. Il paradosso è che più gente lo seguirà - e molta gente lo seguirà - più la braga, purtroppo, calerà. Pd e Sel vinceranno di misura, per avere un minimo di stabilità dovranno pietire il sostegno di Casini, quello chiederà e otterrà ministeri importanti, e Gilioli scriverà che ce l'aveva detto. Profezie che si autoavverano.

Il modo in cui Gilioli e altri usano il loro diritto di voto, la loro effettiva frazione di sovranità, continuo a trovarlo dopo tanti anni affascinante. Per protestare contro un eventualità (un accordo Pd-Sel-UdC) finiscono per creare le condizioni affinché questa eventualità si realizzi. È come se il voto avesse due componenti, una polemica e una aritmetica, e quella aritmetica non fosse così importante. L'importante è poter dichiarare che non hai votato per X; il fatto che aritmeticamente il tuo voto o il tuo non-voto abbia ottenuto il risultato preciso che volevi evitare (X è al governo) è per molti italiani irrilevante. Come se la croce sulla scheda elettorale fosse un atto di fede (da reclamare in pubblico), e non un piccolo atto performativo che oggettivamente indebolisce o rafforza un partito invece che un altro. Mi domando se non c'entri anche stavolta la scarsa cultura scientifica, ma ho paura di risultare ossessionante e la pianto qui.

Quanto a me, io continuo a pensare che la democrazia sia un gioco non particolarmente divertente, ma molto semplice: ho un voto, e l'unico modo efficace di usarlo è indirizzarlo al partito più vicino alle mie posizioni. Senza essere troppo, come si dice adesso, choosy. È veramente una banale questione di aritmetica: se non vuoi che governi X, vota Y. Facile. Bello proprio no, bello non si può dire, ma secondo me è facile. Però non passa. Boh.
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Il Grande Partito Astensionista

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C'è un solo partito che festeggia davvero in tutta Italia, stamattina: quello dell'Astensione. Sette punti percentuali in più, una valanga: l'Astensionismo sembra ormai sul punto di diventare il partito di massa che PdL e PD non sono più. Cari ideologi dell'astensionismo militante, complimenti: gli editoriali che escono stamattina su tutti i quotidiani, sulla Delusione e la Disaffezione della Gente per la Politica e per la Casta, sono dedicati a voi, ve li meritate tutti. Mentre aspettate che diventino gratuiti on line, vagolate sui social network festeggiando e teorizzando: quando saremo il 50% più uno, cosa accadrà? Già, cosa? (Continua sull'Unita.it, H1t#126).

Credo di poterlo anticipare, visto che in altre nazioni è già successo: quando l’Astensione sarà il primo partito in Italia, non succederà un bel niente. Ci sarà qualche editoriale in più sulla Disaffezione della Gente, qualche dibattito televisivo con ospiti molto accigliati… e dal giorno seguente chi ha vinto le elezioni governerà, chi le ha perse starà all’opposizione, come sempre. Come è successo in altri Paesi, di più antica tradizione democratica, che siamo abituati a ritenere più politicamente evoluti del nostro. Per dire, nel ’96 Clinton fu rieletto Presidente con un’affluenza alle urne del 49%, che non fece certo di lui un’anatra zoppa – perlomeno finché non scoppiò il caso Lewinsky. Per contro un’alta affluenza (come quella di cui noi italiani eravamo orgogliosi ai tempi della Prima Repubblica) in generale nel mondo non è ben vista, spesso è un indizio di scarsa democrazia: è ai tiranni che piace far sfilare compatto alle urne il 99% degli aventi diritto.
Forse dietro al movimento astensionista militante c’è un equivoco, nato con la deriva dei referendum abrogativi: quando, a partire dagli anni ’90, l’astensionismo è diventato così importante che accanto ai comitati per i Sì e per i No sono nati veri e propri comitati per l’Astensione (come quello dei vescovi al tempo del referendum per la fecondazione assistita), che per 15 anni hanno vinto a man bassa tutte le consultazioni referendarie. Ma astenersi dalle elezioni non ha lo stesso peso politico: chi non si reca alle urne, semplicemente, si chiama fuori. Governeranno gli altri, e lo faranno anche in nome suo. Meglio spargere l’idea, perché in giro c’è chi davvero non lo sa, chi è convinto che si possano invalidare anche le elezioni politiche.
L’astensionismo, in effetti, ha un che di diabolico. È riuscito a spacciarsi per rivoluzionario, quando alla fine è una resa bella e buona alla famigerata Casta, che con una riduzione dell’elettorato avrà anche meno spese da affrontare per campagne e voti di scambio. E mentre lorsignori si votano e si governano da soli, all’Astensionista resterà la gran consolazione di poter urlare “non nel mio nome”. Come se davvero gli importasse qualcosa, a chi ti frega il futuro, di come ti chiami. http://leonardo.blogspot.com
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Astenersi perditempo

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I tre astensionismi

A poche ore dalla chiusura dei seggi non è sempre facile capire chi abbia vinto e chi no. Stavolta però c'è qualcuno che la sua vittoria la sta reclamando già da un giorno intero: l'Astensionista. Benché ancora lontano dalla conquista del 50% degli Aventi Diritto, l'astensionismo ha raggiunto in queste consultazioni un ragguardevole 33: un elettore su tre non ha votato. L'astensione, insomma, è il primo partito del Paese, una forza con la quale volenti o nolenti dobbiamo fare i conti. Il problema è che, come in tutti i partiti di massa, anche nell'Astensione ci sono diverse identità. Anche tu, che mi leggi e magari non sei andato a votare, che astensionista sei? In quale di queste categorie ti riconosci? (mi preme saperlo, perché alcuni astensionisti mi stanno sulle scatole, altri no).

L'astensionista mistico
Non sei un semplice non votante, tu sei un attivista dell'astensionismo. C'è gente che manco si è accorta che hanno aperto i seggi, tu al contrario sei stato tra i più attenti all'evolversi di una campagna elettorale che comunque ti faceva schifo sin dal primo giorno. Perché tu, alla politica, ci tieni da matti: è proprio per questo che non vai a votare. Così i politici lo capiranno, che lo spettacolo che stanno dando non è all'altezza del pubblico più evoluto. Tra tutte le schede che non sono entrate nell'urna, troveranno la tua non-scheda, astensionista mistico, e ne capiranno al volo il messaggio profondo: profondo ma abbastanza semplice da poter essere contenuto in un silenzio, qualcosa del tipo Adesso Basta, Andatevene Via Tutti. È facile riconoscere gli astensionisti mistici: in queste ore state festeggiando. Gli editoriali che escono stamattina su tutti i quotidiani, sulla Disaffezione della Gente per la Politica, sono dedicati a voi. Mentre aspettate che diventino gratuiti on line, vagolate sui social network festeggiando e teorizzando: quando saremo il 50% più uno, cosa accadrà? Già, cosa accadrà? Ve lo possiamo anche spiegare, visto che in altre nazioni già succede: un bel niente. Ci sarà qualche editoriale in più sulla Disaffezione della Gente, e dal giorno seguente chi ha vinto le elezioni governerà – sì, anche se è stato votato da una maggioranza della minoranza. Incredibile, vero? È che a voi vi han fatto male i referendum, vi han viziato. Vi siete convinti che qualsiasi baraccone democratico si può fermare nel modo più facile: stando a casa. No, non è così. Anche se ve ne andate, la partita continua. Mica potete portarvi via il pallone.

L'astensionista borghese
La vera novità di queste consultazioni. Forse il caos delle liste e la Santoriade hanno distolto l'attenzione da un fatto piuttosto inconsueto: su Corriere e sul Sole si sono levate voci favorevoli all'astensione. Un nome su tutti si è speso: Montezemolo. Ecco, questi non sono i soliti astensionisti da bar. Questa è gente seria o che almeno ci prova: manda messaggi precisi, sta poi a noi cercare di capirli. Io, lo ammetto, non sono così bravo a capire i borghesi, non è il mio mondo; in ogni caso la mia teoria è che Berlusconi abbia veramente disgustato i più. È un personaggio imbarazzante, va alle feste a Napoli, sorride alle minorenni e si fa fotografare con i villici, De Bortoli non può assolutamente consentire. Costoro, pur osteggiando ormai apertamente il berlusconismo, non possono appoggiare Bersani. Non funzionerebbe, anche se Bersani si spostasse ancora più al centro. Il Corriere non poteva far campagna per Bersani: avrebbe perso copie, senza che Bersani guadagnasse un solo voto. Bersani doveva far bene il suo mestiere, motivando un po' il suo bacino di elettori; nel frattempo Montezemolo e De Bortoli quel che potevano fare per demotivare il bacino berlusconiano lo avrebbero fatto. Purtroppo è stato poco. Ovvero: secondo me questi astensionisti borghesi non hanno vinto, non hanno convinto. Non sono stati decisivi al nord. Ora che è stato dimostrato che la quantità di elettori che il Corriere o Montezemolo sono capaci di alienare a Berlusconi è risibile, quest'ultimo potrà continuare a governare sudamericanamente, fregandosene dei richiami alla moderazione e alla sobrietà che vengono dalle cariatidi di via Solferino: del resto, insomma, chi se ne frega del Corriere quando possiedi Chi, Sorrisi e Panorama? La vera partita era quella, e secondo me l'ha vinta Berlusconi. Tanto per cambiare.

L'astensionista insicuro
Gli astensionisti mistici e gli astensionisti borghesi nei prossimi giorni canteranno vittoria, ma bluffano. Per essere rilevanti, hanno bisogno di fare massa col grosso dell'astensionismo italiano, rappresentato dagli insicuri. Quelli che a votare non ci vanno per dire “no”, ma per ribadire un più umile (ma anche più dignitoso) “non so”. Non sanno per chi votare, ma sul serio. Non si interessano di politica, è un reato? Non lo è. Non sanno chi c'è nelle liste; alcuni probabilmente non sanno nemmeno dove stanno le urne e gli orari di apertura. Oppure sanno tutte queste cose, ma non si fidano ugualmente del proprio giudizio: e allora cosa fanno? Lo affidano a noi, i votanti. Chi si astiene, da sempre, di rimette alle decisioni di chi non lo fa. La democrazia funziona più o meno così. Per questo non esiste, nella nostra Costituzione (e in nessuna altra, che io sappia) un quorum per le elezioni rappresentative. L'insicuro ha diritto a restare tale, ma la sua insicurezza non può pesare sul governo di una nazione.

Da quando è approdata al Suffragio Universale, l'Italia si vanta di avere una delle più alte affluenze alle urne al mondo, e quindi una delle più basse percentuali di astensionisti insicuri. Ognuno si vanta di quel che ha, ma bisogna riconoscere che il basso numero di insicuri non ha mai reso l'Italia una democrazia stabile e matura. È semplicemente successo che l'Italia del nord si trovasse sulla frontiera di un conflitto ideologico e geopolitico, Rossi contro Bianchi; due partiti massa che mobilitavano chierichetti e pionieri, pensionati e malati terminali. È semplicemente successo che l'Italia del centro-sud la compravendita di voti diventasse una delle poche risorse presenti sul territorio. Non siamo mai stati insicuri perché non ce lo potevamo permettere: dovevamo salvare il mondo, o trovare un posto fisso. L'insicurezza era un lusso del mondo libero: roba da americani. Poi un bel giorno gli americani si trovano in crisi e si rimettono a votare: ed ecco che Obama trionfa penetrando nella massa burrosa degli elettori indecisi con una lama retorica neanche troppo affilata. Noi invece arranchiamo, stiamo ancora scoprendo i brividi dell'incertezza.

Io me la prenderò sempre con gli astensionisti mistici e il loro preteso idealismo che si tiene lontano da qualsiasi attrito sulla realtà (un attrito diverso da quello del bambino che pesta i piedi); sfotterò garbatamente gli astensionisti borghesi – ammesso che esistano. Ma per gli astensionisti insicuri ho un grande rispetto. Quando voto, io voto anche per loro. Penso alle mie priorità, ma non dimentico le loro. E siccome vorrei che il mio voto fosse un po' più importante, sotto sotto preferirei che di astensionisti del genere ce ne fossero di più. Tanta gente che di politica non si cura, gente che preferisce le pagine dello sport o del gossip, ecco, se anche volessero disertare le urne un po' più spesso, io non ci troverei niente da dire. Ci vado io per voi, sul serio, vi potete fidare. Poi magari dopo dieci, vent'anni, trovate qualcuno che vi convince sul serio, e vi rifate vedere nei seggi: e a quel punto il baraccone democratico fa un salto di qualità, proprio come è successo con Obama. Ma in questa fase di berlusconismo crepuscolare, con la Lega che nel momento del trionfo non sa bene cosa promettere (il federalismo fiscale, sai che novità), col PD che deve ancora prender forma... sul serio, astenetevi, lasciate fare chi a questa robaccia si appassiona.
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Andate a votare (e ringraziate)

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Il partito centrifugo

Caro astensionista di sinistra, proprio tu (che nostalgia)
Caro amico che pur potendo votare un candidato alla segreteria del PD non lo farai: non so neanche perché perdo tempo con te – Gilioli ha già scritto tutto.
Quel che posso aggiungere è: che altro deve fare questo Partito per avere un po' della tua approvazione? Quale altro partito al mondo ti chiede direttamente un parere sulla segreteria, senza neanche farti una tessera? Più di così cosa pretendi, esattamente? Devono venirti in casa e farsi dettare la piattaforma?

Non ti piacciono tutti e tre i candidati? È comprensibile, nemmeno io mi riconosco perfettamente in nessuno di loro. Ma sono tre, mai così diversi l'uno dall'altro, e il risultato non è mai stato meno scontato di così. Nessuno di loro è il candidato dei tuoi sogni? Ma per inciso, l'hai mai incontrato l'uomo/donna dei tuoi sogni? Sei riuscito a fare il mestiere dei tuoi sogni? E l'hai poi comprata, la casa dei tuoi sogni? Se davvero tu vivi lì, professionista realizzato, con il partner che hai sempre desiderato, posso capire la tua riluttanza ai compromessi. Diversamente, spiegami una buona volta perché i compromessi vanno bene sul lavoro, in famiglia, tra gli amici – ma in politica no. Manco ne andasse della tua anima – ma tu ci credi, poi, all'anima? Perché a volte ti comporti proprio come se.

Io lo so che Bersani non è proprio il nuovo. Lo so che Franceschini non è così a sinistra. So anche che Marino non è esattamente prontissimo. Ma sono i candidati che abbiamo. Non credo che ce ne fossero di migliori in giro – si sarebbero fatti vivi, e invece no. Chissà, forse io e te, impegnandoci, avremmo sviluppato idee e strategie più interessanti di quei tre. Ma io e te avevamo di meglio (di meglio?) da fare, e tutto quello che il bacino elettorale democratico ha saputo esprimere sono stati quei tre. Stavolta abbiamo avuto il tempo di cercarne di migliori, e se non li abbiamo trovati, evidentemente non c'erano. La vita è breve, e l'Ideale dovrà sempre essere selezionato tra quel che passa il convento in un determinato periodo di tempo. Almeno io la penso così, ma bisogna dire che io ho avuto un'educazione all'antica.

Mi fu infatti spiegato da piccolo che non avrei potuto avere tutto quello che chiedevo, che in certi casi chiedere era persino scortese, e che invece dovevo impegnarmi ad apprezzare quel che c'era: che la creatività e la felicità consistevano proprio in questo. È poi discutibile che io sia cresciuto felice e creativo, ma senz'altro un po' più incline ai compromessi. Oggi vedo che con le nuove generazioni s'insiste molto sul Sogno, bisogna avere un Sogno e non arrendersi mai: poi si arriva a quarant'anni che ci si arrenderebbe volentieri anche al primo venuto, ma nessuno ti ha mai insegnato come si fa.

Allora, caro amico, in amore non saprei dirti, ma in politica è così: si va su internet, si leggono i programmi dei candidati, e ci si arrende a quello che ci fa meno schifo. Senza vergognarsi, non c'è niente da vergognarsi: è come quando tu vorresti andare al mare ma ti tocca la montagna, succede; da bambino avresti pestato i piedi, ma del resto da bambino eri un narciso insopportabile. E ringrazia che c'è ancora qualcuno che ti dà tre opzioni, invece di ritagliarti addosso un target prefabbricato. Qualcuno che ancora non ti tratta come carne da sondaggio farlocco.

Ecco, vedi, divento antipatico. È controproducente. Caro astensionista, riflettici bene: da una parte c'è Berlusconi – no, non voglio farti la solita tirata antiberlusconiana, tu dàlla per scontata. Diciamo meglio così: da una parte c'è un Uomo, che incarna una storia, un sistema di interessi, un blocco sociale, e secondo me anche un'ideologia. Il mercato de-regolato senza nessun rispetto o garanzia per gli utenti, la trasformazione del ceto medio in plebe desiderante ed eternamente insoddisfatta, tutto questo si condensa in un Uomo, che prima finanzia una parte politica e poi, letteralmente, se la mangia: fino alla coincidenza assoluta del partito con la sua personalità e i suoi interessi. Il centrodestra sostanzialmente è questo, con qualche guarnizione leghista o finiana o cattolica o meridionalista – non ha molta importanza, finché tutto orbita intorno a Lui.

A un centrodestra centripeto si contrappone un centrosinistra centrifugo, al centro del quale... non c'è niente: né ideologie, né interessi, né soprattutto Uomini; chi prova ad avvicinarsi al vertice schizza via dopo pochi mesi o anni. Via Occhetto con la sua macchina di guerra; via Prodi con la sua idea di Ulivo onnicomprensivo; via D'Alema col suo Paese normale; via Rutelli, qualsiasi idea avesse; via, buon ultimo, anche Veltroni, che lascia dietro di sé un'architettura fatta apposta per lui – ovvero un po' sbilenca. Certo, tutti questi personaggi non sono proprio spariti: scrivono libri, rilasciano interviste, descrivono ancora ampi giri intorno a quel centro; ma a ogni orbita sono un po' più lontani. Chissà poi cosa c'è al centro, magari l'antimateria. Lo spettacolo di questa centrifuga, con gli anni, può anche far venire la nausea. Ma la verità è che la situazione è molto interessante (io almeno sono stato educato a trovarla sempre molto interessante). Il PD per ora non è il partito di nessuno; eppure chiunque dopodomani sostituirà Veltroni non potrà non dare un'impronta personale a una struttura che dovrà rifare da capo. E non puoi dire, andiamo, che non cambi niente tra un Bersani o un Franceschini (o un Marino). Cambierà tutto: uomini, strategie, progetti. E non vuoi dire la tua proprio stavolta? Piuttosto smetti di andare ai referendum, quelli sì ormai son tutti inutili. Ma il voto di domenica sarà qualcosa di storico, comunque vada.

Per chi voto io? Non so, giuro, sono ancora indeciso. Dopo mesi di discussioni non credo di avere le idee più chiare di quanto non possa averle tu, o chiunque altro. E inoltre non ha molta importanza, visto che sosterrò chiunque vinca domenica. Sì, ho intenzione di salire immediatamente sul carro del vincitore, e non scendere almeno fino al – ho controllato – due febbraio. Cento giorni senza tirare al segretario del Pd, ho promesso.
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¡Ariba el Psoe!

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La preferenza è un voto in più
Mi è capitato molte volte in questi anni – più o meno una volta l'anno – di scrivere inviti accorati e un po' molesti agli astensionisti di sinistra, affinché compiessero il sacro dovere di mettere una crocetta contro Berlusconi e tutto quel che rappresenta.
Poi, quando arrivava il giorno, andavo anch'io a mettere una crocetta. Quasi mai ho aggiunto una preferenza, ed è tempo che me ne vergogni pubblicamente. Le preferenze sono come l'ossigeno: ci fai caso soltanto quando comincia a mancare. Le ritenevamo pleonastiche, quando non causa di derive clientelari: poi, quando ce le hanno tolte (con la scusa che ormai non le usava più nessuno) ci siamo accorti che era finita la democrazia. E questo è successo proprio grazie ai quasi-astensionisti come me – quelli che credevano che il voto consistesse in una crocetta e ci pontificavano anche su. Chiederei scusa, se servisse a qualcosa. Ma l'unica cosa concreta che posso fare è usare le preferenze domani: forse è l'ultima occasione che ho.
Le preferenze rendono il voto aritmeticamente più pesante: scrivere tre nomi significa votare per tre persone. Aver rinunciato alla possibilità di pesare di più, per tutti questi anni, è stato sorprendentemente stupido da parte mia. E voi magari venivate qui a farvi un'idea. Andate via.

A 24 ore dalla chiusura dei seggi
Siete ancora qui? Per quel che può interessarvi, sto oscillando (non da ieri) tra Pd e Sinistra e Libertà. In principio queste mi sembravano le elezioni giuste per punire il Pd, che fino all'acclamazione di Franceschini le ha sbagliate tutte (acclamazione inclusa). Poi è successo qualcosa, ma non sono del tutto sicuro che sia qualcosa di serio. È successo che Franceschini mi ha sedotto. Ovvero: potrei scrivere un lenzuolo di argomentazioni oggettive per cui oggi trovo che F. sia un leader credibile, ma sotto il lenzuolo ci sta una seduzione mediatica del tutto simile a quella che colpisce gli zombie berlusconiani. Loro inseguono lo spettro del Papi col Jet privato di Stato che li metta in lista alle Feste Giuste; io invece inseguo lo spettro dell'Onesto Padre di Mezza Età che porta in missione la delegazione parrocchiale e sul pullman siede sul sedile di fianco al conducente per controllare che non si allarghi troppo in curva. Posso farla anche più semplice di così: ha un accento emiliano. E io di fronte ai democratici emiliani mi sciolgo, s'è già visto con Prodi e con Bersani, non c'è oggettività o razionalità che tenga. Lasciatemi perdere.

D'altro canto, votare Sinistra e Libertà ha i suoi pro e i suoi contro:

Perché sì

Perché no

Per protesta nei confronti del Pd, che (fascinazione franceschiniana a parte) se lo merita tuttora: per essere stato, sin dal principio, poco Partito e poco Democratico.

Significa prendere parte a una lotta patetico-tribale tra ex e post comunisti. Preferirei di no; anche se credo che l'ultimo congresso di Rifondazione, con Vendola accerchiato dalle mozioni di minoranza, sia stato una porcheria. Certo, sarebbe terribilmente triste se l'unico eurodeputato italiano a sinistra del Pd fosse diliberto-ferreriano.

Per stima nei confronti di un leader: Vendola mi sembra uno dei personaggi più promettenti all'orizzonte (e non ha nemmeno l'accento emiliano).

Votare S&L significa votare socialista. Ahimè, sì, c'è ancora il garofano nello stemma di S&L: è piccolo piccolo ma c'è. Guardiamo al lato positivo: Boselli almeno se n'è andato, o meglio si è rassegnato a non esserci mai stato.

Per un'esigenza di riequilibrio a sinistra, sacrosanta dopo la catastrofe dell'anno scorso. E tuttavia non penso che S&L possa arrivare alla soglia del 4% sotto la quale il mio sarebbe un voto sprecato. Ci sto ancora pensando: votare S&L è una scommessa, e le scommesse si fanno d'istinto.


Alla fine forse la possibilità di accedere on line alle informazioni sui candidati di S&L sarà decisiva; mentre il Pd ha buttato via fior d'euro per un sito disastroso. Non per fare il technosnob, ma affideresti tua figlia a gente che paga quei soldi per un sito così? E l'europarlamento glielo affideresti?

A proposito dell'europarlamento: è maledettamente importante. Le normative UE ce le troviamo intorno tutti i giorni. Detto questo, non capisco perché siamo costretti a votare candidati italiani. Ovvero: capisco perché gli inglesi preferiscano eleggere candidati inglesi, e i polacchi dei polacchi, ma se io italiano volessi votare PSOE? Se ritenessi che un candidato andaluso del PSOE rappresenterà i miei interessi meglio di un candidato del PD, perché non dovrei scegliere lui? Sul serio, perché no? Volevo anche scriverci un pezzo su, poi mi hanno ricoverato. Adesso sto meglio, grazie.
Scherzi a parte, l'unico modo per focalizzare seriamente le euroelezioni su Bruxelles è piantarla lì con le liste italiane. Dovremmo avere sulla scheda PPE, PSE, Europa delle Nazioni, eccetera. Certo, occorrerebbe una rivoluzione copernicana, che per adesso all'orizzonte non c'è, ma ehi, siamo nel 2009, tre giorni fa hanno NAZIONALIZZATO LA GENERAL MOTORS, e c'è un presidente USA nero che tiene lezioni di teologia islamica al Cairo. A questo punto le prossime elezioni italiane potrebbe anche vincerle il PSOE.
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i gelati sono buoni, ma

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Caro Astensionista,
ti scrivo per rassicurarti (so che in fondo ci tieni): non mi ero scordato di te.

Se in questi mesi di campagna ho evitato di scriverti – rompendo una tradizione semidecennale – non è stato per dimenticanza o negligenza. No. L’ho proprio fatto apposta. Perché ti conosco, ormai. Più tutti ti scrivono, invitandoti ad esprimere una volontà qualsiasi, più tu ti arrocchi nella difesa del tuo incompromettibile gusto personale. Intanto passano gli anni, ma la scena non smette di apparire infantile: per quanto nobili siano i tuoi ideali e i tuoi intenti, l’effetto è quello del bambino che pesta in piedi al centro di una folla di parenti che gli supplica di collaborare. Ogni volta che penso a te mi viene in mente un vecchio pezzo di Gianluca Neri che – non me ne voglia – riassumeva così la sua astensione: se voglio un gelato al pistacchio, e il gelataio insiste per mescolarlo con la crema, io non lo compro, perché il mio ideale era il puro pistacchio. Il fatto che con tutte le metafore al mondo, Neri avesse scelto proprio quella del gelato, mi si è conficcata per sempre in un angolo della memoria fissa. Perché vedi, in fondo nella vita facciamo tutti dei compromessi. Vorremmo quella casa, quel lavoro, quel partito, quel parcheggio, ma non sempre li troviamo disponibili: e allora ci arrangiamo con una casa che costa un po' meno, un lavoro che è meglio di niente, un parcheggio un po' più lontano. Tutti compromessi più o meno dolorosi, ma necessari. Per l'Astensionista invece la scelta più dolorosa della vita fin qui pare sia stata la rinuncia ad un gelato.

Insomma, Caro Astensionista, nel momento in cui tutti guardano a te e ti supplicano di lappare il loro cono scadente, io questa soddisfazione non ho voluto dartela. Anche perché stavolta non mi sembravi così determinante: e questa era una buona notizia sia per me che per te.
Anche ora devo dirti che non ho molta voglia di farmi i fatti tuoi. Volevo invece raccontarti un po' di cose su di me. Mi sono accorto che sono cambiato, sai? Proprio rileggendo le vecchie letterine che ti scrivevo. Non ti dirò che sette anni fa ero più ingenuo: sarebbe banale, e poi no, non ero ingenuo: avevo ragione, già allora. Forse più allora che adesso, perché vedevo le cose più da lontano. Per esempio, alla vigilia delle elezioni 2001 ti supplicavo:

Non cerco di convincerti. Cerco di commuoverti. Vedi, se tu sei forte, io sono debole, e ho paura. Ho paura di cosa può fare Berlusconi, indisturbato, in cinque anni. Ho paura di come potrà conciare la scuola (non soltanto pubblica), l'assistenza sanitaria, la giustizia, in breve l'intera società. Ho paura di svegliarmi, tra breve, in un Paese dove sarò cittadino di serie B, condannato a usufruire di servizi statali o parastatali di serie B e a inquadrarmi nel target che una qualche tv commerciale avrà stabilito per me.

Quant'ero tenero, col cuore in mano: “ho paura, ti prego aiutami..” Eppure tutte le mie paure erano fantasmi vaghi, parole astratte: Scuola, Assistenza Sanitaria, Giustizia, Società... problemi enormi che sorvolavo da lontano. Ecco, Astensionista, io non sono più così. Man mano che gli anni passavano io calavo, calavo sempre più. Oggi non sarei più in grado di preoccuparmi di parole astratte, tipo, che so, la Scuola. Oggi la scuola è un edificio polveroso in cui lavoro, e la mia principale preoccupazione è un bambino (italiano, normodotato) che arriva dalla quinta elementare con buono in pagella e non sa leggere; un altro che avrebbe bisogno del sostegno ma è fuori budget; e un genitore a cui ho spiegato una cosa un mese prima che una circolare del ministro la cambiasse; e il mese dopo è cambiato anche il ministro. Oggi non penso più alla Sanità, penso alla mia colecisti e a quanto mi costerà nei prossimi mesi. E poi penso alla casa. Sette anni fa non la mettevo neanche in elenco. E alle spese, alle tasse. Qualche tempo fa ho scoperto di appartenere a una delle fasce che ha perso il maggior potere d'acquisto, e la cosa mi ha fatto una rabbia che non ti dico. È stato come... svegliarsi cittadino di Serie B. Sì, me lo aspettavo, eppure quando ti ci trovi dentro è sempre diverso da come te lo figuravi. Insomma, è come nell'atroce racconto di Buzzati: man mano che il paziente scende da un piano all'altro dell'ospedale, vede sempre meno cielo dalle finestre, e si concentra sempre di più su sé stesso e i suoi dolori. Questo sta succedendo a me, Astensionista. Sette anni fa mi preoccupavo dell'Italia, se non del Mondo. Adesso mi preoccupo del prezzo di un singolo metro quadro in periferia. Sto diventando sempre più piccolo, e forse meschino.

Che sia questo il vero motivo per cui non ti scrivo più? Sette anni fa ti supplicavo di salvare l'Italia, oggi avanzerei richieste meno nobili. Oggi vorrei essere salvato, io, da qualsiasi folle piano di costruire un ponte di Messina o un Hub varesotto a spese mie; non temo per la sorte di un martire per la libertà stile Biagi o Santoro, ma per le mie tasche, perché se aboliranno l'ICI i comuni dovranno ben rifarsi sulle tasche di qualcuno: e indovina chi sarà. C'è da vergognarsi, caro Astensionista, a venirti a disturbare con preoccupazioni così grette che tu, evidentemente, non condividi. Ecco, questo è curioso. Perché non le condividi?
Probabilmente possiedi una casa. Magari hai un'attività, e detassando gli straordinari riuscirai anche a metter da parte qualche soldino in più. Insomma, probabilmente per te Berlusconi è una gran rottura di palle, ma senza vere conseguenze per il portafogli. Ecco, dovevo capirlo subito. Io e te siamo diversi.

Forse sette anni fa non era ancora così, ma oggi sì. Io sono scivolato in serie B, tu no. Per me un Veltroni al posto di Berlusconi avrebbe fatto una grande differenza. Una differenza non astratta, ma economica, sostanziale. Non era il mio tipo, i suoi discorsi mi annoiavano, le sue strategie mi lasciavano interdetto, ma sapevo che avrebbe provato a fare qualcosa per me. Come so benissimo che Berlusconi non ci proverà nemmeno, e giustamente: lui rappresenta altre classi e altre categorie, che hanno vinto le elezioni, mentre io le ho perse. Le ho perse e pagherò per loro.

Capisci, Astensionista? Qui dalle mie parti chi perde paga. Da voi non è così.
Da voi in serie A ho sentito fare dei discorsi preoccupanti, non solo dagli astensionisti – anche da quelli che votavano PD. Il senso generale è: abbiamo perso, beh, pazienza. Pazienza? Almeno adesso ci sarà un governo stabile. Stabile? Da quando in qua una persona caduta in un pozzo di merda si rallegra di aver raggiunto una posizione stabile? Tra cinque anni, chissà... Tra cinque anni? Ma sul serio voi avete altri cinque anni da aspettare? Io tra cinque anni ne avrò già troppi: e non so nemmeno se posso permettermi un figlio o no. E poi una gran voglia di divertimento: finalmente è terminata la noiosa campagna elettorale, ora spassiamocela, andiamo ai concerti, conosciamo gente nuova... Astensionista, ti rendi conto? Questa è gente che ha la nostra età, va per i quaranta. Per di più la congiuntura economica non promette nulla di buono. Tutta questa leggerezza che senso ha? Non è un po' la stessa leggerezza con cui due mesi fa hanno mandato a casa Prodi e si sono inventati una gioiosa macchinina di guerra? E ora che vi siete giocati altri cinque anni della mia vita, non dico che mi aspetto una scusa da parte vostra, ma non potreste tenere la faccia contrita ancora per un po'? No? Beh, capisco, è primavera. E va bene, andate, divertitevi. E vai anche tu, Astensionista, secondo me troverai chioschi con tutti i gusti di gelato che vuoi. C'è solo un'ultima cosa che vorrei confessarti.

Per molti anni, anche se ti blandivo, ho pensato che tu fossi un utile idiota, inconsapevolmente alleato del nemico. Lentamente mi sono accorto di sbagliarmi. Vista da qui sotto, in serie B, la tua posizione è molto più chiara. Il nemico sei tu. La buona notizia è che hai vinto anche stavolta. E anche stavolta senza sporcarti le mani – neanche di gelato alla crema. Che eleganza, beato te.
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- indecisi d'Italia, 2.

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Vota (per) Natascia

Caro astensionista di sinistra
Come ben sai, ti scrivo tutti gli anni (2001, 2002, 2003, 2004, 2025)– questo è il sesto, e spero che sia l'ultimo.
Direi che ormai ci conosciamo. Tu sei un uomo/donna che non cede ai compromessi, in cabina elettorale. Magari neanche altrove.
Probabilmente sei quel tipo di persona che se il boss ti chiede di restare un'altra mezz'ora al lavoro (che poi diventa un'ora), ti licenzi seduta stante. Io non sono come te. Io vivo nel compromesso.
Probabilmente sei quel tipo di persona che se il compagno/a vuole vedere il grande fratello invece di un film o qualsiasi altra cosa, fai le valigie. Io non sono come te. Un po' t'invidio, va detta.

In ogni caso ti rispetto. Se dopo cinque anni di Berlusconi al governo – se dopo Genova, la Cirami, l'articolo 18, le speculazioni sul caso Biagi, gli insulti al parlamento europeo, la Bossi-Fini, la depenalizzazione di falso in bilancio, i condoni, i cantieri finti, gli assegni per chi manda i figli a scuola dai preti, le chiacchiere su Mussolini che mandava gli antifascisti a prendere il sole, la legge Gasparri, il ministro Martino che rassicura le mamme non andremo mai in Iraq e poi ci siamo andati, la speculazione sui morti di Nassiryia, la gente che è morta per opzionare un po' di petrolio, i CPT appaltati ai privati, la legge sulla fecondazione assistita, e poi basta, non ce la faccio a fare il conto, in cinque anni ho perso di vista tante cose, il cielo a volte mi è sembrato grigio anche d'estate – se dopo cinque anni di tutto questo, tu non hai ancora trovato abbastanza argomenti per votare contro Berlusconi, potrò convincerti adesso io? Non credo. Quindi non ci provo nemmeno.

Hai capito? Non intendo convincerti.
Voglio solo che tu vada a votare.
Non per te. Ma per qualcun altro che vorrebbe votare, che meriterebbe di votare, e non può farlo. Perché in Italia c'è un apartheid, e se ne parla meno di quanto si dovrebbe.
Perché nel mondo ci sono centinaia di migliaia di persone che non vivono in Italia, non lavorano in Italia, non pagano le tasse, ma hanno il diritto di decidere se ci governerà Berlusconi o Prodi – e al contrario, ci sono milioni di persone che si danno da fare in Italia per il PIL italiano, che mandano i figli nelle scuole italiane a imparare l'italiano, che pagano le tasse (quando possono) all'erario italiano, ma non hanno il diritto di decidere proprio niente.
Per me questa è una grande vergogna. Io forse sotto sotto sono un liberale, orfano della Rivoluzione Americana, che nacque sotto un principio pragmatico e tuttora validissimo: No taxation without representation: gli inglesi non possono tassarci senza darci il diritto alla rappresentanza.

Ma per te, astensionista di sinistra? Tu che insegui, senza compromessi, il sogno di un mondo dove tutti abbiano immediatamente pari diritti – davvero puoi resistere ancora un minuto in un Paese che fa votare i cosiddetti "italiani all'estero" e non fa votare le persone che da tutto il mondo sono venute a vivere qui, proprio qui, in mezzo a noi, che lavorano con noi e per noi, pagano le tasse che paghiamo noi e usano i servizi che usiamo noi? E allora basta, scusa. O te ne vai immediatamente, oppure ci aiuti a cambiare le cose subito, senza compromessi. Se il nove aprile non hai intenzione di votare per te, vota per un qualunque straniero che non ne ha il diritto – e che dovrebbe averlo. Aderisci alla campagna Adotta il voto di un immigrato, lanciata da Salamelik.

Non ti sto dicendo per chi votare, attento. Non devi votare per il mio candidato, ma per il suo. Non lo sai? Chiediglielo. Esci in strada e domanda. Secondo me non devi andare molto lontano per trovare uno straniero al lavoro. Guarda, senza neanche uscire dal portone – sul pianerottolo c'è Natascia che dà lo straccio. Ha due figli che contribuiscono a riportare in attivo il bilancio demografico del Paese. Non vuoi votare per te? E vota per Natascia, che dovrebbe averne il diritto, e forse ne ha anche più bisogno.
Che c'è, ti vergogni a chiedere? E allora torna su internet e studiati i programmi dei due schieramenti. Entrambi fanno schifo? Forse, ma ce n'è uno che rispetta Natascia in quanto forza lavoro. E ce n'è uno che considera Natascia potenzialmente pericolosa per la salute pubblica del Paese. Una terza possibilità non c'è.

"Ma lo vedi, si tratta sempre di un compromesso".
Sì, certo, come al solito. Ma posso assicurarti che questo compromesso non intaccherà la tua integrità morale, che è e rimane inviolabile. Non è il tuo compromesso. È quello di Natascia.
Se lei potesse votare per evitarsi altre umilianti ronde notturne intorno alle poste, non lo farebbe? Se lei potesse votare per mettersi in regola, non lo farebbe? Se lei potesse votare per essere riconosciuta come una cittadina nel Paese in cui lavora, non lo farebbe?
E allora fallo tu. E poi basta. Io sono un po' stanco di queste orazioni. Fuori è ancora grigio, ma quando arriva questa primavera? Facciamo che arriva per tutti il dieci aprile? Dipendesse da Natascia. Ma dipende da noi. Solo da noi. Ciao.
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- 2025

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Caro Leonardo, anzi no, non a te oggi.
Scriverò piuttosto al

Caro astensionista di sinistra,
È da un po' di tempo che non ci sentiamo, vero?

E tu senz'altro non ti ricordi di me. Non ti ricordi neanche di te. Di essere stato, anche un giorno solo, astensionista. Di sinistra.
Quel giorno è stato esattam 24 anni fa, figurati. Con tutto qllo che è successo dopo – Genova, le Due Torri, l'Iraq, la Cina, le grandi alluvioni, il Teopop, le piramidi in Antartide, eccetera. In mezzo a tante catastrofi, com'è possibile che io possa portare rancore per te? In fondo cosa hai fatto di così grave? Niente. Un giorno c'era da salvare l'Italia da cinque anni di merda e non l'hai fatto. Tutto qui.
Il giorno dopo eri già pronto a riparare. Hai organizzato comitati, hai promosso referendum, girotondi intorno ai tribunali, forum internazionalisti, eccetera. Ma era troppo tardi, per l'Italia, forse: di sicuro era troppo tardi per me. Tu mi hai spezzato il cuore il 13 maggio 2001, astensionista: e nessun girotondo, nessun forum, nessun referendum me l'ha più rimesso insieme. Finché ho avuto un blog, ti ho scritto, Astensionista. Ti ho scritto nel 2001, nel '2, nel '3, nel '4, finché ho avuto speranza di convincerti dell'enormità del tuo errore. Quando ho perso quella speranza, ho smesso di scrivere.

Perché vedi, caro Astensionista, sono anch'io un po' come Taddei. Lui ha il pallino delle elezioni americane di vent'anni fa: io mi sono bloccato in quel piovoso giorno di maggio del 2001. Niente e nessuno riuscirà a convincermi che le cose dovevano andare per forza così. No. Quel giorno avevamo il destino tra le mani, e ce lo siamo fatti soffiare. Da allora ogni catastrofe, ogni carestia, ogni frana, mi sembra in qualche modo meritata.

Quando dico che niente e nessuno riuscirà a convincermi, parlo con cognizione di causa, visto che una volta ci provò Arci stesso. Fu a Bisanzio, nel… nel… (ho delle difficoltà a orientarmi negli anni Dieci), durante gli accordi di pace trilaterali. Facevamo parte tutti e due parte della delegazione del Teopop: lui era l'eminenza grigia, io qllo che prenotava ai ristoranti. In verità, non ne prenotai nessuno.

Bisanzio ha da esser splendida, con tutte qlle moschee ultramoderne, ma l'ho giusto ammirata da un balcone. La nostra delegazione non usciva quasi mai dall'albergo, ufficialm per motivi di sicurezza, in realtà per un senso di vergogna che ci pesava addosso fino a schiacciarci al suolo. I bizantini consideravano gli accordi di pace un'occasione per processarci davanti alla loro opinione pubblica. L'accusa ci era stata formalizzata il primo giorno: genocidio.
"Ma non siamo stati noi!"
"Avete però contro tutte le evidenze".
"Eravamo giovani! I nostri padri…"
"Signori, noi da giovani fummo giudicati per un genocidio compiuto dai nostri bisnonni. In politica le colpe dei padri ricadono sui figli, benché nel vostro libro sacro sia scritto diversamente".
"Lasciate perdere i libri sacri! Noi non potevamo sapere…"
"Non sapevate, non immaginavate, avete ubbidito agli ordini. Coi genocidi è sempre così. Siamo spiacenti".

Era successo che gli storici bizantini avevano pensato bene di fare il calcolo di tutti i morti sulla frontiera del mare, durante le grandi migrazioni degli anni '90-'10. Compresi qlli rimpatriati a forza in Libia, e poi morti in qualche campo di lavoro nel Sahara. E i morti suicidi nei CPT. Trent'anni di gommoni e pescherecci colabrodo. La cifra era spaventosa, la vergogna ancora da spartire.
"Sarà dura spiegare ai nostri compatrioti che sono responsabili di tutto qsto", disse Arci, l'ultima sera. Era disteso sul letto nella nostra camera d'albergo, e pensava a voce alta. Io stavo facendo la valigia. "Non siamo tutti responsabili", dissi.
"Sì, dai trent'anni in su, sì. Sapevano benissimo cosa stava succedendo. Sapevano del Canale d'Otranto e degli scafisti libici e tunisini. Dei CPT. E della schiavitù e della prostituzione. Sapevano tutto e non hanno fatto niente. Peccato d'omissione, c'è nel nostro libro sacro".
"Lascia perdere quel libro lì. Ci sono persone più colpevoli di altre".
"E sarebbero?"
"Bossi e Fini, sarebbero".
"Ma la gente annegava anche prima. E dopo".
"La maggior parte è annegata durante".
"Mac, dove vuoi arrivare? Secondo te dovremmo scaricare tutto su un paio di vecchi politici?"
"No, non dico qsto. È colpa di chi ha permesso che Bossi e Fini scrivessero qlla legge. Se solo il 13 maggio del 2001…"
"Ci risiamo col 13 maggio".
"Per me è importante. È lo spartiacque. Quel giorno potevamo decidere del nostro destino. Essere complici di un genocidio o no. Scusa se è poco".
"No, Mac, no, te l'avrò detto mille volte. Il futuro non si determina in un giorno. Tieni. Mettiti qsta".
"Un altro casco? Cos'è?"
"Un gingillino, tecnologia usastra. Le interfacce utenti di adesso le fanno così. Bella, no?"
"È più elegante di qlle che ti facevi nel garage, ma… mi sta punturando il cervello, o sbaglio?"
"Rilassati, non ti farà più male di un'aspirina".
"Le aspirine fanno male. E cosa dovrebbe succedermi? Finirò in una specie di realtà virtuale?"
"No, il concetto è diverso. Una periferia del tuo cervello carica un software, e interagisce con te con stimoli discreti. Vedrai scritte e disegni in sovrimpressione, ma continuerai a vivere e operare nel mondo reale. È difficile da rendere a parole, ma… anche i rumori e gli odori e le sensazioni tattili le percepirai in sovrimpressione".
"Da impazzire"
"No, anzi, pare che distragga meno di un comune monitor. E della marijuana. Sai, ogni volta che arriva una tecnologia nuova c'è qualche flippato a Londra o Boston che riesce a dimostrare che fa più male della ganja, ih ih".
"Arci, siamo due diplomatici del Teopop, se i nostri compagni sapessero… Oddio".
"Hai caricato?"
"Che roba mi hai messo qui dentro? Sento delle voci".
"Seh, capirai le voci, ti bastava un walkman. Rilassati, piuttosto, e inizierai a pensare dei pensieri".
"Tredici maggio del 2001. Sono nel tredici maggio del 2001! Cosa significa? Sto viaggiando nel tempo? E allora perché non piove? Quel giorno pioveva".
"Mac…"
"Ci sono: è un universo parallelo. È così. Mi sta mostrando un universo parallelo in cui il 13 maggio c'è il sole, Rutelli vince le elezioni e…"
"Mac, non è un universo. È solo un giochino".
"Un giochino?"
"Un gioco di simulazione di civiltà, l'ho comprato al duty-free dell'aeroporto. Roba usastra, illegale da noi. Si chiama Civilization VII".
"Stai scherzando".
"Ho sentito dire che a furia di evolversi qsto software ormai è diventato più determinista della Storia vera, nel senso che ormai tiene conto di variabili di cui la Storia s'infischia. Per esempio, se il cavallo bianco di Napoleone diventa grigio, cambia l'esito di una certa battaglia, e altre cose così. Ieri ci ho giocato un po' e poi ho preparato uno scenario per te. Ti piace?"
"Ssst. Aspetta. Sono al Quirinale che presto giuramento. Sono Rutelli, è così?"
"Proprio così. Come ti senti?"
"Non tanto bene".

(Continua)
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Ciao, astensionista.

Sì, dico proprio a te. Ricordi?
No, probabilmente no. È passato così tanto tempo, e abbiamo avuto così tante cose da fare. Tante proteste, tante marce, tanti scioperi, tante riunioni. Così magari stasera sei stanco, stressato (è un brutto periodo), vai su Internet, e c'è uno che ti dà dell'astensionista. Ma come. Ma perché. Ma in che senso.
Scusa, hai ragione. È che io sono un po' malato. Come... hai presente il protagonista del Signore degli Anelli, quello che ha una ferita che gli duole una volta all'anno? Ecco. Così, per 364 giorni all'anno io sto relativamente bene. Mi vedi anche in giro, ai cortei, alle assemblee, ci salutiamo.

Tutto regolare, insomma. Ma poi c'è quel giorno in cui mi duole la ferita, e il mondo mi sembra informe e grigio. Quel giorno non vedo più volti amici, e neanche il tuo mi sembra amico. In quel giorno tu sei, e resti, l'astensionista.

Quel giorno è il 13 maggio, da tre anni in qua.
Tre anni fa - non te lo ricordi - si votava il futuro di questo Paese. Tu ti sei astenuto, e hai mandato Berlusconi al governo. Sì. Sei stato tu. Provami il contrario, se ci riesci.
Sei stato tu, e il bello è che lo sapevi. Conoscevi perfettamente Berlusconi e il berlusconismo, eri un vero esperto. Sapevi chi era e cos'avrebbe fatto. Magari potevano sfuggirti i dettagli, il digitale terrestre piuttosto che la Cirami, ma il quadro d'insieme ti era chiaro. E lo hai accettato. Perché? È da tre anni che mi chiedo il perché.

La risposta che di solito mi davo è: perché sei un duro, tu. Perché non cedi ai compromessi, tu. E non ti turi mai il naso: guai. E t'invidiavo anche un po'. Tutta questa forza, questa dirittura morale, com'è che tu l'avevi e io no? Com'è che io avevo paura per le scuole, la giustizia, la sanità, l'informazione, e tu no? Com'è che io avevo paura per il futuro (anche nel senso del mio futuro piccolo piccolo), e tu no?

Poi è passato il tempo: Berlusconi si è impegnato a confermare tutte le peggio ipotesi su di lui. Ci ha anche aggiunto una sequela di gaffes incredibili, un tocco di surrealismo non del tutto prevedibile (e che ci ha aiutato a convivere con lui, in fondo). E intanto, tu, cosa facevi?

Mi riempivi la mail di invettive indignate contro la Cirami, la Gasparri, la Moratti. M'invitavi alla manifestazione, al corteo, allo sciopero. In fondo, lo devo anche a te se mi sono dato un po' da fare, in questi anni. Se non fosse stato per la tua forza d'animo, il tuo coraggio, la tua coerenza, mi sarei impantofolato del tutto. Invece sono qui, povero ma bello, nervoso, scattante. Che dire: grazie.
Tu continui a trovare nuove pietre di scandalo. Ma lo sapete che la Moratti voleva abolire Darwin dalle scuole medie? Ma lo sapete che volevano abolire l'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori? Ma lo sapete che per loro il peer to peer è peggio della tortura? Ma lo sapete che la legge sulla fecondazione assistita è il ritorno al Medioevo? Ma lo sapete che il digitale terrestre è una truffa? Eccetera, in ordine sparso. Se non ci fossi tu che tieni il conto. Davvero, bisogna solo ringraziarti per la tua energia, e qualsiasi altro giorno lo farei.

Ma domani è il tredici maggio, e il tredici maggio io vedo solo grigio e nero, e il nero sei tu. Sei tu che hai votato Berlusconi. Sei tu che hai voluto la Cirami, la Gasparri, la Moratti. Sei tu che mi hai messo in questa merda.

Io però non ce l'ho con te. Dico, non si può tenere il broncio per tre anni. È andata così, inutile recriminare. E insomma, astensionista, come stai?
La famiglia, bene?
E il lavoro?
Io? Beh, lo sai, un lavoro l'ho perso, ma pazienza. Io un lavoro lo trovo quando voglio. La famiglia è un po' in ritardo, naturalmente. Ma ci arriveremo. Tanto ormai il peggio è passato, no? Si vede la luce in fondo al tunnel. Ora un primo scossone con europei e amministrative. E poi, tra due anni, si vota compatti, vero? Massì, lo sai anche tu che voteremo compatti. Mica perché te lo ha ordinare un Bertinotti. Mica perché ti ha supplicato un Fassino. No. Tu resti un uomo tutto d'un pezzo, non ti fai ordinare ne supplicare da nessuno. Ma voterai compatto. Perché?

Era tutto previsto. Era previsto che ti astenessi nel 2001, perché eri stanco dell'Ulivo al governo. Ed è prevedibile che andrai a votare nel 2006, perché anche l'indignazione permanente ti ha stancato.
Nel frattempo, il tuo omologo speculare - l'astensionista di destra - si sta già preparando a cambiare le sorti del Paese, non andando a votare per Berlusconi (o Fini) nel 2006. Perché malgrado tutte le promesse, Berlusconi dopo un po' stanca. Anche se abbassasse davvero le tasse, stancherebbe ugualmente, come stanca qualsiasi prodotto, anche il detersivo che lava più bianco: bisogna provare qualcos'altro.

Così, comincio a pensare questa cosa di voi astensionisti: che lo stimolo che vi permette di cambiare il futuro dell'Italia (compresa il mio) non sia la vostra indiscutibile integrità morale, ma una più borghese propensione ad annoiarsi in fretta. L'alternanza è questa: la possibilità di cambiare canale, anche solo per vedere cosa c'è. Peccato che si possa cambiare solo ogni cinque anni. Ma se si votasse tutti gli anni, probabilmente ogni anno avremmo una maggioranza diversa. Sarebbe divertente, no?

Questa è l'alternanza. Questa è la democrazia. Un'enorme intelligenza collettiva che non sa che strada prendere ma deve pur stare in piedi, e si sostiene basculando sulle solite posizioni: dest', sinist', dest', sinist'. Perché improvvisamente nel maggio 2004 si sono scoperte le torture ad Abu Ghraib? Perché le informazioni sono fuggite proprio oggi? Perché il pachiderma, dopo essersi spinto un po' troppo a dest', sente il bisogno istintivo di riequilibrarsi a sinist'. Ancora un colpetto, fuori Blair, fuori Bush, viva l'Onu, e poi ricomincerà il movimento verso dest'. Uno, due. Uno, due.

Tutto questo, a prescindere dalle ideologie. A prescindere dalla Ragion di Stato. A prescindere dal fatto che la guerra sia stata una cosa buona o una porcata. Molto più semplicemente, Bush ha stancato. Berlusconi ha stancato. Non per i danni che hanno fatto, ma perché li hanno già fatti, e adesso vorremmo vedere qualcosa d'altro. Qualcosa di completamente diverso, se c'è. (Se non c'è, ci accontentiamo di Kerry e Prodi, l'importante è cambiar canale).

Ecco, sarà perché vedo grigio, ma secondo me tu sei un po' così, astensionista. Ce l'hai tanto col padrone delle Tv, ma alla fine in politica ti comporti da telespettatore. Tutta la tua famosa forza morale, la eserciti solo pigiando il telecomando. E il bello è che puoi pigiarlo una volta sola ogni cinque anni.

Tre anni fa io ti chiedevo per pietà di non far vincere Berlusconi. Ti chiedevo di pensare anche al mio futuro, ma non al sole dell'avvenire: al futuro quotidiano della gente come me. Un pensiero molto egoistico, prepolitico, forse. Io avevo paura di piccole cose private, tu avevi paura di ritrovarti per altri cinque anni davanti alle repliche di Prodi e D'Alema. No, non ce l'ho con te. Tanto più che dobbiamo essere uniti, ora.
Ma per un giorno, un solo giorno all'anno, quando il cielo si fa grigio e questi tre anni sembrano solo un incubo assurdo, questa cosa te la devo dire, astensionista. Devo dire quel che penso di te. Devo dirti che sono d'accordo, quando dici che Berlusconi non è il vero problema. Hai perfettamente ragione, come al solito.
Il vero problema sei tu.
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A Camillo rispondo domani. Sì, lo so che è importante, però oggi è il 13 maggio. E sapete che io sono uno degli orfani del 13 maggio.
O non lo sapete? Tanto meglio, visto che ogni 13 maggio io ricilo gli articoli vecchi. Questo è esattamente di un anno fa (12/5/02):

Caro astensionista di sinistra,

ciao, ti ricordi di me?
Non sono nessuno in particolare, ma l'anno scorso (10/5/2001) ti scrissi un appello.
Si stava per votare, e tu andavi in giro dicendo che non valeva la pena, che non avresti ceduto al ricatto, che Rutelli non l'avresti eletto mai, per cento validi motivi. È andata com'è andata, e poi non ne abbiamo parlato più.
Ci sono state cose ben più importanti: Genova, l'11 settembre, la Palestina. Ma soprattutto le mille trovate del nuovo governo, che a raccontarle non ci si crede, e non si sa nemmeno da che parte iniziare. Il giallo del buco nel Tesoro. Gli incentivi agli evasori fiscali. Il nostro ridicolo intervento in guerra. La controriforma scolastica. Le leggi ad hoc per i mercanti d'armi. La Bossi-Fini. Il ministro che dà ordine ai poliziotti di sparare, i poliziotti che non potendo eseguire l'ordine sparano per i fatti loro. E tante altre cose che ora non ricordo, ma che io e te ben conosciamo. Stasera però vorrei parlarti d'altro.
Vorrei chiederti come ti stai, come ti senti.
E se magari non ti vergogni, appena un po'.
No, eh?

Caro astensionista,
sgomberiamo l'equivoco. Io non ho mai creduto in Rutelli e D'Alema più di quanto ci credessi tu. Sono pronto a condividere qualsiasi critica tu abbia da fare nei loro confronti, sempre per il solito motivo che tu sei molto più informato e sensibile di me. Quando tu parlavi di ricatto, avevi perfettamente ragione. Ma c'è una cosa, che in un anno non sono riuscito a capire. Dove hai trovato l'energia morale per non cedere a questo ricatto? Perché tu sei tanto forte e, per esempio, io no?

Io sono una persona tutto sommato normale. Vivo una vita di compromessi, con le mie piccole frustrazioni e le mie piccole soddisfazioni. Cedo a ricatti almeno dieci volte al giorno. Se mi chiedono uno straordinario, per esempio, lo faccio. Se m'impongono una nuova tassa, la pago. Insomma, faccio buon viso a cattivo gioco. E mi chiedo cosa fai tu in simili situazioni. Tu non cedi mai? No, secondo me anche tu fai lo stesso. Tutta la tua invidiabile forza morale, la condensi in un solo giorno: il giorno delle elezioni. Quel giorno scopri improvvisamente di essere tutto d'un pezzo, di non poter cedere ai ricatti e ai compromessi. E allora fai vincere Berlusconi.

Sì, l'hai fatto vincere tu, ricordatelo. Perché quando ti vedo alle manifestazioni e ai girotondi (confessalo che ti diverti un mondo a urlare e a saltare e a tenerti per mano), ho come il sospetto che tu te lo sia dimenticato. Ogni tanto, per esempio, scopri l'acqua calda: ti accorgi che la Rai non è più libera: che sorpresa!, che la scuola pubblica è destinata a diventare un ghetto, che vergogna! (e magari qualche anno fa brontolavi per la riforma De Mauro). La polizia sequestra e picchia i manifestanti: che scandalo! Insomma, in piazza urli e strilli come un bambino, e intanto dimentichi il tuo passato recente e le tue responsabilità: i sintomi della demenza senile ci sono.

Caro astensionista,
lo sai che a volte ancora non ci credo? A volte provo a immaginare cosa sarebbe successo se, domenica 13 maggio 2001, io fossi riuscito a convincerti. Nulla di eccezionale. Rutelli avrebbe proseguito l'ordinaria amministrazione Amato. In ottobre avrebbe appoggiato la guerra afgana e noi avremmo fatto la solita marcia per la Pace. Forse il solito ministro del Tesoro avrebbe scoperto che era il momento di tirare un po' la cinghia, dopo i bonus fiscali elettorali. Tu avresti continuato a lamentarti, e anch'io, ma magari con meno rabbia, con meno entusiasmo.

A volte penso a Carlo Giuliani. Ecco, ci ho pensato a lungo e ho concluso che probabilmente oggi Carlo Giuliani sarebbe vivo. Il che mi rende la sua morte ancora più intollerabile.
Io e te sapevamo già, prima di votare, cosa stava succedendo alla polizia italiana. Avevamo i giornali e avevamo internet, avevamo amici a Ventimiglia e Napoli, e certe conclusioni potevamo già tirarle. E magari tu hai deciso che lo Stato era già fascista e un Rutelli o un Berlusconi non facevano differenza, in piazza ci avrebbero sparato ugualmente. In un certo senso hai ragione, e in un certo senso hai torto.

Hai ragione, perché quel che accadde a Ventimiglia e Napoli era già vergognoso, e prime delle scuse di Berlusconi dovremmo sentire quelle di Amato.
Hai torto, perché quella sottile linea rossa tra democrazia e fascismo non è solo a Napoli o a Genova, ma dappertutto, in ogni città e in ogni persona e in ogni decreto legge, e ogni giorno può spostarsi da una parte o dall'altra, a seconda di chi sta spingendo e di chi invece dorme, o si sente fuori dal gioco. Per quali motivi al mondo ancora non riesco a capirlo, e nemmeno voglio.

Quello che ho capito è che ogni giorno è buono per spingere, e che quel 13 maggio era appunto un giorno come gli altri, bisognava spingere tutti assieme per non cedere un po' di democrazia, ma tu non c'eri. Poi sei tornato con più rabbia di prima, e tanta rabbia l'hai data anche a me, ma questo non ti giustifica. Sono contento che sei tornato, e che ora spingiamo assieme, e che a quanto pare siamo in tanti. Ma non dimentico di quel giorno, e nemmeno tu dovresti.
Perciò se qualche volta, nella pausa tra una riunione o un corteo, mi capita di voltarmi a guardarti in faccia in un certo modo, tu non chiedermi cos'ho: soltanto, abbassa gli occhi e vergognati. Almeno un po'.


Fine? Beh, aggiungo due cose.
-- Astensionista, perché non facciamo un patto? Io vado a votare il 15 giugno e tu...
-- Ma tu, astensionista, che mestiere fai? L'insegnante? non è per caso che hai partecipato alle vibranti proteste contro De Mauro, che voleva aumentare la paga agli insegnanti meritevoli? E adesso che ne pensi?
Ah, ma tanto tu stai per andare in pensione... capisco.
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C'è vita oltre la Rai

Sabato, a Roma, ci sarà una grande manifestazione per la pace senza diretta Rai. E allora?
E' così grave?
Voi avete mai seguito la diretta di un corteo? Io no. Mi annoio già abbastanza a camminare, figurarsi a guardare gente che cammina in diretta tv.

"Sì, d'accordo, ma la manifestazione è un fatto politico importante".
Forse dobbiamo abituarci all'idea che possiamo fare politica senza diretta tv. Visto che già la stiamo facendo. Abbiamo giornali, abbiamo siti internet (abbiamo i blog). Abbiamo le tv di strada, e global tv, per chi proprio non vuole uscire dalla civiltà dell'immagine. Abbiamo tutte le finestre che vogliamo per appenderci bandiere colorate, senza bisogno di ripetitori. Onestamente, tra il negarci una diretta tv e negarci la libertà di espressione, ci passa un universo, ed è un universo in espansione.

"Sì, ma nulla è efficace come una diretta tv".
Questa è un'idea vostra. Probabilmente siete anche convinti che una comparsata da Costanzo sia più efficace di un buon articolo su internet (o alla radio, o sui giornali). E finché sarete di quest'avviso, continuerete ad addormentarvi davanti a Costanzo e a non guardare cosa cosa c'è d'interessante su internet (o alla radio, o sui giornali). A salarvi il fegato perché a Excalibur parlano di Maria Goretti invece che del WTO, e Vespa è più interessato a Cogne che al Forum Sociale Mondiale.
Guardate che a questo incubo c'è una soluzione a portata di mano. E' un tasto, a volte rosso e a volte nero, che sta in un angolo del telecomando. Spingendolo, la tv improvvisamente si spegne. E di colpo tornate liberi di trovare canali d'informazione meno controllati e più intelligenti.

"Sì, d'accordo, ma la rai sta soffocando ogni spazio di libera informazione... Biagi... Santoro...".
Sì, la rai sta facendo diverse cazzate. Ma Biagi e Santoro possono benissimo esprimersi attraverso altri mezzi, se vogliono. Quali mezzi? Internet, la radio, la carta stampata. I teatri (Santoro ci ha provato). I libri - magari non Mondadori. Il fatto che gli spazi di libera espressione in Italia siano ridotti e minacciati non significa che essi non siano ancora estesi. Ma se non li frequentiamo mai, se preferiamo continuare ad abbruttirci con Vespa ed Excalibur...

"Resta una questione di principio. La manifestazione è un fatto importante! La rai dovrebbe coprirla perché è un servizio pubblico".
La rai - non da oggi - è controllata dalla maggioranza parlamentare.
Che è quella che è.
Trovate che si stia comportando scorrettamente? Che manchi, per così dire, di fair play?
Oh, povere stelle.

Io quasi quasi v'invidio, perché riuscite ancora, dopo due anni, a stupirvi per cose del genere. Io, sarà l'età, ma è da un pezzo che non mi stupisco più di niente. Anche perché, 11 settembre a parte, era tutto abbastanza prevedibile.
E mi chiedo - antica polemica - dov'eravate voi gente stupita nell'unico giorno in cui come cittadini si poteva evitare tutto questo. Sì, parlo del 12 maggio 2001.
Se eravate a votare, e avete dato un voto utile contro Berlusconi, siete padronissimi di continuare a indignarvi e a stupirvi, e complimenti per l'energia.
Ma se quel giorno avevate problemi di mal di pancia, di puzza sotto il naso, di identità culturale, be', credo che sia inutile cercare di farvi ragionare.
Perché non siete solo stupiti. Siete anche un po' stupidi.
E non è colpa della tv, stavolta. E' colpa vostra.
Scusate, eh.
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Caro astensionista di sinistra,

ciao, ti ricordi di me?
Non sono quello nella foto. Non sono nessuno in particolare, ma l'anno scorso ti scrissi un appello, che qui sotto ho riportato.
Si stava per votare, e tu andavi in giro dicendo che non valeva la pena, che non avresti ceduto al ricatto, che Rutelli non l'avresti eletto mai, per cento validi motivi. È andata com'è andata, e poi non ne abbiamo parlato più.
Ci sono state cose ben più importanti: Genova, l'11 settembre, la Palestina. Ma soprattutto le mille trovate del nuovo governo, che a raccontarle non ci si crede, e non si sa nemmeno da che parte iniziare. Il giallo del buco nel Tesoro. Gli incentivi agli evasori fiscali. Il nostro ridicolo intervento in guerra. La controriforma scolastica. Le leggi ad hoc per i mercanti d'armi. La Bossi-Fini. Il ministro che dà ordine ai poliziotti di sparare, i poliziotti che non potendo eseguire l'ordine sparano per i fatti loro. E tante altre cose che ora non ricordo, ma che io e te ben conosciamo. Stasera però vorrei parlarti d'altro.
Vorrei chiederti come ti stai, come ti senti.
E se magari non ti vergogni, appena un po'.
No, eh?

Caro astensionista,
sgomberiamo l'equivoco. Io non ho mai creduto in Rutelli e D'Alema più di quanto ci credessi tu. Sono pronto a condividere qualsiasi critica tu abbia da fare nei loro confronti, sempre per il solito motivo che tu sei molto più informato e sensibile di me. Quando tu parlavi di ricatto, avevi perfettamente ragione. Ma c'è una cosa, che in un anno non sono riuscito a capire. Dove hai trovato l'energia morale per non cedere a questo ricatto? Perché tu sei tanto forte e, per esempio, io no?

Io sono una persona tutto sommato normale. Vivo una vita di compromessi, con le mie piccole frustrazioni e le mie piccole soddisfazioni. Cedo a ricatti almeno dieci volte al giorno. Se mi chiedono uno straordinario, per esempio, lo faccio. Se m'impongono una nuova tassa, la pago. Insomma, faccio buon viso a cattivo gioco. E mi chiedo cosa fai tu in simili situazioni. Tu non cedi mai? No, secondo me anche tu fai lo stesso. Tutta la tua invidiabile forza morale, la condensi in un solo giorno: il giorno delle elezioni. Quel giorno scopri improvvisamente di essere tutto d'un pezzo, di non poter cedere ai ricatti e ai compromessi. E allora fai vincere Berlusconi.

Sì, l'hai fatto vincere tu, ricordatelo. Perché quando ti vedo alle manifestazioni e ai girotondi (confessalo che ti diverti un mondo a urlare e a saltare e a tenerti per mano), ho come il sospetto che tu te lo sia dimenticato. Ogni tanto, per esempio, scopri l'acqua calda: ti accorgi che la Rai non è più libera: che sorpresa!, che la scuola pubblica è destinata a diventare un ghetto, che vergogna! (e magari qualche anno fa brontolavi per la riforma De Mauro). La polizia sequestra e picchia i manifestanti: che scandalo! Insomma, in piazza urli e strilli come un bambino, e intanto dimentichi il tuo passato recente e le tue responsabilità: i sintomi della demenza senile ci sono tutti.

Caro astensionista,
lo sai che a volte ancora non ci credo? A volte provo a immaginare cosa sarebbe successo se, domenica 13 maggio 2001, io fossi riuscito a convincerti. Nulla di eccezionale. Rutelli avrebbe proseguito l'ordinaria amministrazione Amato. In ottobre avrebbe appoggiato la guerra afgana e noi avremmo fatto la solita marcia per la Pace. Forse il solito ministro del Tesoro avrebbe scoperto che era il momento di tirare un po' la cinghia, dopo i bonus fiscali elettorali. Tu avresti continuato a lamentarti, e anch'io, ma magari con meno rabbia, con meno entusiasmo.

A volte penso a Carlo Giuliani. Ecco, ci ho pensato a lungo e ho concluso che probabilmente oggi Carlo Giuliani sarebbe vivo. Il che mi rende la sua morte ancora più intollerabile.
Io e te sapevamo già, prima di votare, cosa stava succedendo alla polizia italiana. Avevamo i giornali e avevamo internet, avevamo amici a Ventimiglia e Napoli, e certe conclusioni potevamo già tirarle. E magari tu hai deciso che lo Stato era già fascista e un Rutelli o un Berlusconi non facevano differenza, in piazza ci avrebbero sparato ugualmente. In un certo senso hai ragione, e in un certo senso hai torto.

Hai ragione, perché quel che accadde a Ventimiglia e Napoli era già vergognoso, e prime delle scuse di Berlusconi dovremmo sentire quelle di Amato.
Hai torto, perché quella sottile linea rossa tra democrazia e fascismo non è solo a Napoli o a Genova, ma dappertutto, in ogni città e in ogni persona e in ogni decreto legge, e ogni giorno può spostarsi da una parte o dall'altra, a seconda di chi sta spingendo e di chi invece dorme, o si sente fuori dal gioco. Per quali motivi al mondo ancora non riesco a capirlo, e nemmeno voglio.

Quello che ho capito è che ogni giorno è buono per spingere, e che quel 13 maggio era appunto un giorno come gli altri, bisognava spingere tutti assieme per non cedere un po' di democrazia, ma tu non c'eri. Poi sei tornato con più rabbia di prima, e tanta rabbia l'hai data anche a me, ma questo non ti giustifica. Sono contento che sei tornato, e che ora spingiamo assieme, e che a quanto pare siamo in tanti. Ma non dimentico di quel giorno, e nemmeno tu dovresti.
Perciò se qualche volta, nella pausa tra una riunione o un corteo, mi capita di voltarmi a guardarti in faccia in un certo modo, tu non chiedermi cos'ho: soltanto, abbassa gli occhi e vergognati. Almeno un po'.
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Tante cose potrei scrivere, ma scusatemi, preferisco rimetter su il pezzo che ho scritto un anno esatto fa:

Anch'io ci provo con l'appello

Caro astensionista di sinistra,
pare che sarai proprio tu a mandare Berlusconi al governo stavolta…

No, aspetta, ho sbagliato approccio. È la sinistra governativa, anzi, questo ipocrita "centrosinistra", che deludendo i suoi sostenitori ha la responsabilità di aver consegnato l'Italia alle destre. Con i suoi proiettili all'uranio e la sua parità scolastica, le sue riforme lente e mal congegnate e questa sacra religione dell'Euro, che finora non ha cambiato la vita di nessuno. Va bene, va bene, va bene, va bene.

Perché discutere? Hai ragione tu.
Tu che non cedi ai ricatti, o con l'ulivo o con le destre. Giustamente. Sono i deboli che cedono ai ricatti.
Tu invece sei forte.
E beato te.

Caro astensionista:
Probabilmente tu sei molto più informato di me. Probabilmente la tua scelta è più coerente della mia. Ma che dico, "probabilmente"? Sicuramente. Tu non sei viziato dal pregiudizio che mi porta ad accettare qualsiasi schieramento abbia la possibilità di battere Berlusconi. Dal tuo punto di vista tra questo centrosinistra e questo centrodestra non c'è poi tanta differenza. E altri cinque anni di mediocre centrosinistra non sono poi così preferibili a cinque anni di Berlusconi, che distruggerebbero forse ogni residuato di società civile, ma potrebbero anche creare le premesse per una definitiva riscossa della sinistra.
Un rischio grosso. Bisogna avere un grande coraggio per affrontarlo. Questo coraggio tu ce l'hai, io no.

Caro astensionista, io mi rivolgo a te. Tu che sei coraggioso, che non cedi ai ricatti, che non rinneghi i tuoi ideali. Ti auguro di rimanere così per sempre. Ti chiedo, però, anzi ti supplico, di venir meno alle tue ferme convinzioni per un giorno solo, in tutta la tua vita. Domenica. Vota Ulivo. Ti prego.
Poi non ti seccherò più. Hai tutta la vita per protestare contro questa mediocre politica, questi rissosi schieramenti, queste riforme malfatte, l'ipocrisia delle guerre umanitarie, delle politiche della sicurezza, del federalismo. Io accetterò ogni tua critica, perché so che in fondo tu hai ragione e io ho torto, io che sostengo il centrosinistra malgrado tutto. L'avrai sempre vinta con me, te lo garantisco. Ma tu fammi questo piccolo favore. Tre crocette su tre schede, e ti sarò riconoscente per tutta la vita.

Non cerco di convincerti. Cerco di commuoverti. Vedi, se tu sei forte, io sono debole, e ho paura. Ho paura di cosa può fare Berlusconi, indisturbato, in cinque anni. Ho paura di come potrà conciare la scuola (non soltanto pubblica), l'assistenza sanitaria, la giustizia, in breve l'intera società. Ho paura di svegliarmi, tra breve, in un Paese dove sarò cittadino di serie B, condannato a usufruire di servizi statali o parastatali di serie B e a inquadrarmi nel target che una qualche tv commerciale avrà stabilito per me. (Non è fantascienza, ma è più o meno l'Inghilterra).
So che tutto questo non ti preoccupa più di tanto, ma ripeto, tu hai risorse morali che io non ho. Che milioni d'italiani non hanno. Pensa un poco anche a noi.
Certo, la cosa ti ripugna. Ma non lo devi dire a nessuno. Sarà il nostro piccolo segreto. E dopo domenica, non dovrai pensarci più.
I tuoi ideali non s'infrangeranno per così poco. Non se ne accorgeranno nemmeno. Gli ideali sono immutabili.
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Anch'io ci provo con l'appello

Caro astensionista di sinistra,
pare che sarai proprio tu a mandare Berlusconi al governo stavolta…

No, aspetta, ho sbagliato approccio. È la sinistra governativa, anzi, questo ipocrita "centrosinistra", che deludendo i suoi sostenitori ha la responsabilità di aver consegnato l'Italia alle destre. Con i suoi proiettili all'uranio e la sua parità scolastica, le sue riforme lente e mal congegnate e questa sacra religione dell'Euro, che finora non ha cambiato la vita di nessuno. Va bene, va bene, va bene, va bene.

Perché discutere? Hai ragione tu.
Tu che non cedi ai ricatti, o con l'ulivo o con le destre. Giustamente. Sono i deboli che cedono ai ricatti.
Tu invece sei forte.
E beato te.

Caro astensionista:
Probabilmente tu sei molto più informato di me. Probabilmente la tua scelta è più coerente della mia. Ma che dico, "probabilmente"? Sicuramente. Tu non sei viziato dal pregiudizio che mi porta ad accettare qualsiasi schieramento abbia la possibilità di battere Berlusconi. Dal tuo punto di vista tra questo centrosinistra e questo centrodestra non c'è poi tanta differenza. E altri cinque anni di mediocre centrosinistra non sono poi così preferibili a cinque anni di Berlusconi, che distruggerebbero forse ogni residuato di società civile, ma potrebbero anche creare le premesse per una definitiva riscossa della sinistra.
Un rischio grosso. Bisogna avere un grande coraggio per affrontarlo. Questo coraggio tu ce l'hai, io no.

Caro astensionista, io mi rivolgo a te. Tu che sei coraggioso, che non cedi ai ricatti, che non rinneghi i tuoi ideali. Ti auguro di rimanere così per sempre. Ti chiedo, però, anzi ti supplico, di venir meno alle tue ferme convinzioni per un giorno solo, in tutta la tua vita. Domenica. Vota Ulivo. Ti prego.
Poi non ti seccherò più. Hai tutta la vita per protestare contro questa mediocre politica, questi rissosi schieramenti, queste riforme malfatte, l'ipocrisia delle guerre umanitarie, delle politiche della sicurezza, del federalismo. Io accetterò ogni tua critica, perché so che in fondo tu hai ragione e io ho torto, io che sostengo il centrosinistra malgrado tutto. L'avrai sempre vinta con me, te lo garantisco. Ma tu fammi questo piccolo favore. Tre crocette su tre schede, e ti sarò riconoscente per tutta la vita.

Non cerco di convincerti. Cerco di commuoverti. Vedi, se tu sei forte, io sono debole, e ho paura. Ho paura di cosa può fare Berlusconi, indisturbato, in cinque anni. Ho paura di come potrà conciare la scuola (non soltanto pubblica), l'assistenza sanitaria, la giustizia, in breve l'intera società. Ho paura di svegliarmi, tra breve, in un Paese dove sarò cittadino di serie B, condannato a usufruire di servizi statali o parastatali di serie B e a inquadrarmi nel target che una qualche tv commerciale avrà stabilito per me. (Non è fantascienza, ma è più o meno l'Inghilterra).
So che tutto questo non ti preoccupa più di tanto, ma ripeto, tu hai risorse morali che io non ho. Che milioni d'italiani non hanno. Pensa un poco anche a noi.
Certo, la cosa ti ripugna. Ma non lo devi dire a nessuno. Sarà il nostro piccolo segreto. E dopo domenica, non dovrai pensarci più.
I tuoi ideali non s'infrangeranno per così poco. Non se ne accorgeranno nemmeno. Gli ideali sono immutabili.

Per gli indecisi: un raffronto dei programmi elettorali sul portale di Vita.
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Faccia da moderato
Sarà per come mi vesto, o magari proprio per la faccia che porto, fatto sta che passo per moderato, e alla mia età non è un bel vivere.
Certe sere che la stanchezza, l'alcool forse, allentano i freni alla dialettica, sento che mi si rinfacciano cose tremende. Qualche settimana fa sono stato accusato di avere ripetutamente bombardato Belgrado. I proiettili all'uranio, li ho sparati tutti io. Ho anche venduto la scuola ai privati. Cioè ai cattolici. Cioè a me stesso, perché è questo che sono alla fine: un cattolico, e pure moderato.
Io non posso obiettare granché. Una volta tra moderati ci si difendeva dicendo: abbiamo eseguito gli ordini, ma io non ho ricevuto nessun ordine. Forse avrei dovuto ribellarmi contro questo intollerabile regime moderato, come hanno fatto in molti, e come immagino che molti vorranno fare il 13 maggio.
E invece no. Sangue moderato, voterò Rutelli e spero pure che vinca, e se perderà soffrirò molto.

Secondo me l'espressione 'centrosinistra' è un po' fuorviante. Non ci sono mai stati i numeri per un governo di centrosinistra in Italia. Dipendesse da me, certamente vorrei un governo di centrosinistra, ma che dico, di sinistra avanzata. Vorrei anche un mondo più giusto, più libero, più pulito. Sì. Comunque non ci sono mai stati i numeri per un governo di centrosinistra in Italia. Questa è la mia moderata opinione.
Quando nel '95-'96 nacque l'Ulivo, fu chiaro sin da subito che non si trattava del Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, bensì di un raggruppamento civile di partiti e gruppi, con storie e punti di vista anche molto diversi, scesi a patti contro i nemici comuni: il separatista e xenofobo Bossi, il postfascista Fini, il ladro Berlusconi. Non è mai stato il centrosinistra contro il centrodestra, ma piuttosto la società civile contro la società non civile, e la civiltà ha vinto. Di misura, d'accordo. Però ha vinto.
In quella società civile c'era l'antico PDS, i Verdi e (in una posizione defilata, "mi si nota di più se non vengo"), Rifondazione Comunista. Ma c'era anche il partito di Lamberto Dini, ex ministro del tesoro di Berlusconi, contro la cui riforma pensionistica la sinistra aveva scatenato la più memorabile manifestazione degli anni '90. C'era il Partito Popolare che era in perfetta continuità storica con la corrente della sinistra DC. A un certo punto c'è stato anche Antonio Di Pietro. Infine, il candidato dell'Ulivo era Romano Prodi, un ex boiardo di Stato, che non aveva mai tirato nessuna molotov, neanche nella beata giovinezza. Tutti noi sapevamo questo. E tuttavia abbiamo votato per l'Ulivo. Per mandare a casa il separatista e xenofobo Bossi, il postfascista Fini, il ladro Berlusconi.
Poi – finché è durata – è stata una gradita sorpresa. Fino all'autunno del '98 abbiamo avuto un governo più "di sinistra" di quanto avremmo potuto ragionevolmente aspettarci. La famosa scuola pubblica non è stata svenduta in quegli anni, per intenderci. Ma poi Rifondazione ha chiesto la crisi. E nessuno ha ancora capito il perché. Forse pensava che con D'Alema avrebbe avuto un interlocutore "di sinistra". È stato un tragico errore.
Da lì in poi, se vogliamo rinfrescarci la memoria, i governi si sono tenuti in piedi con personaggi come Cossiga e Mastella. Rifondazione si è spaccata. I popolari si sono spaccati. I ministri riformisti di Prodi sono stati allontanati. E c'è stato anche il caso del Kossovo, in cui l'Italia, in quanto membro della NATO, si è ritrovata invischiata in un'operazione militare assai discutibile. D'altro canto l'unica formazione politica che metteva in discussione l'alleanza con la Nato, Rifondazione, aveva già scelto da tempo la propria emarginazione politica.
Le cose sono andate così, e forse alla fine Rutelli non è il candidato più simpatico del mondo. Ma nel 2001 rischiano di andare al potere: il separatista e xenofobo Bossi, il postfascista Fini, il ladro Berlusconi (e il mafioso Formigoni), per cui a me la scelta sembra scontata.
Qualcuno la penserà diversamente. Penserà che nel '96 avevamo votato un governo "di sinistra", che però ha tradito "la sinistra" perché non ha fatto cose abbastanza di "sinistra", perciò Rifondazione, che è la vera "sinistra", giustamente si è dissociata, e quel che conta, ora, è iniziare una vera discussione "a sinistra", perché in lontano futuro possa esserci in Italia una "sinistra" degna di questo nome.
Io, sarà per la faccia da moderato che mi trovo, ma non credo sia necessario sacrificare la società civile e consegnare l'Italia a Berlusconi per trovare significato alla parola "sinistra". Ci stiamo per giocare qualcosa di più di una parola, di una cultura, di un'identità. E poi forse la parole, le culture, le identità… non sono così importanti.
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